Oggi non vogliamo parlare di burocrazia, tasse o problemi del Sistema Sanitario Nazionale. Piuttosto, vogliamo dare uno sguardo al futuro e vedere come cambieranno i paradigmi della nostra professione negli anni a venire.
La motivazione è presto detta. Siamo tutti presi a discutere e polemizzare sui social su:
Tutto giusto e sacrosanto, ci teniamo a dirlo: siamo i primi che cercano un modo per ridurre i disagi e migliorare la condizione di chi esce dall’Università e inizia a lavorare in questo fantastico mondo (che come qualsiasi cosa non può essere perfetto, ma sicuramente migliorabile).
La verità è che presi da tutte queste polemiche forse stiamo prendendo per scontate un po’ troppe cose.
Stiamo prendendo per scontato che la sanità tra 10-15-20 anni sarà come lo è stata negli ultimi.
Stiamo prendendo per scontato che il lavoro del fisioterapista sarà simile.
Stiamo prendendo per scontato che le terapie (soprattutto quelle domiciliari) richiederanno la nostra presenza, e che le cooperative continueranno ad esistere. Probabile addirittura che scompariranno, e nella seconda parte di questo articolo vedremo perché e come.
Stiamo prendendo anche per scontato che le interazioni tra le persone, e quindi anche quelle con i pazienti, saranno simili ad oggi.
Infatti, oggi facciamo tantissime cose che prendiamo molto per scontate, ma che anche solo 15 anni fa non esistevano.
Sentirsi con i pazienti comodamente su WhatsApp?
Instagram che ti propone spunti per esercizi nuovi da provare nei reel, senza neanche doverli cercare?
Google che (se sei libero professionista) ti consiglia gratis sul cellulare ai pazienti che cercano un fisioterapista?
Oggi sono cose che succedono quotidianamente. Però sono iniziate a succedere così gradualmente che neanche ci ricordiamo quando sono arrivate nelle nostre vite.
Anche solo 15 anni fa, nel 2008, un’epoca dove avevamo già internet ed esistevano YouTube, Facebook e Netflix, non facevamo assolutamente nulla di tutto ciò.
Facciamo un po’ di esempi per riportarti in quel periodo (e occhio perché ti sbloccheranno un po’ di ricordi).
Certo, internet già c’era, ma praticamente nessuno aveva internet sul cellulare.
Per rendere l’idea, a quei tempi la grande novità erano i telefonini con l’antenna del digitale terrestre e lo schermo che ruotava per poter vedere la televisione.
E qua ti sblocco un altro ricordo: fino al 5 marzo 2007, quando facevi una ricarica da €10 te ne mettevano solo €9 perché ti toglievano un euro di commissione.
Facebook esisteva ma lo usavano solo i ragazzi molto giovani (parallelamente ad MSN) e i 30enni per tornare in contatto con gli amici delle scuole medie.
Nessuno sapeva cosa fosse un’app o uno smartphone, e il termine “selfie” non era ancora nato.
Se un 60enne voleva cercare un fisioterapista nella propria città aveva due scelte: o farlo dal PC, che non tutti sapevano usare, oppure cercare i professionisti sull’elenco telefonico cartaceo che Telecom Italia ti inviava a casa ogni anno e fare un giro di telefonate… dal telefono fisso.
Questa era la quotidianità 15 anni fa, praticamente l’altroieri.
Ti rendi conto di quante cose sono cambiate nell’interazione tra un paziente ed un fisioterapista?
Se questo accadeva 15 anni fa con internet, pensa a 30 anni fa, quando internet nemmeno esisteva.
E allora il dubbio arriva spontaneo: tra 15 anni, cosa ci sarà? Come sarà la nostra professione? E invece tra 30?
Perché internet e gli smartphone hanno radicalmente modificato le interazioni tra le persone, incluse quelle tra pazienti e professionisti sanitari: e allora quali saranno le prossime novità?
Molti esperti sono concordi che ce ne saranno due.
O sarebbe più corretto dire: ce ne sono due, perché sono già tra di noi.
Tutti gli esempi che abbiamo fatto prima sono relativi a tutte le novità che hanno portato gli smartphone nelle vite di tutto il mondo.
Ma oggi gli smartphone hanno raggiunto un picco e si sta pensando a cosa potrà rimpiazzarli.
Gli smartphone hanno iniziato ad essere tutti uguali, e i produttori fanno fatica ad aggiungere novità degne di nota.
Apple ha già presentato quello che molti ritengono l’aggeggio che sostituirà concettualmente gli smartphone nelle nostre vite: Apple Vision Pro.
Con la realtà virtuale in pratica sei immerso in un ambiente 3D virtuale.
Attenzione però: non pensare che con questi nuovi dispositivi le aziende tecnologiche vogliano farci vivere all’interno di un videogioco.
Anzi, al contrario: una delle peculiarità del nuovo visore di Apple è la funzione della “trasparenza”.
Questa ti permette di continuare ad essere nell’ambiente che ti circonda, solo che nella stanza in cui ti trovi appaiono schermi, grafici, e altre informazioni in tempo reale che cambiano a seconda di quello che hai attorno.
Quindi, la priorità non è tanto la “realtà virtuale”, ma la “realtà estesa”, perché appunto espandiamo la realtà che ci circonda con elementi digitali.
La fusione di realtà virtuale (in inglese Virtual Reality, VR) e realtà aumentata (Augmented Reality, AR) è definita “realtà estesa” (in inglese eXtended Reality, XR). I nuovi visori permettono di fare entrambe, e quindi per questo parliamo di realtà estesa.
Invece gli occhiali smart tendenzialmente rientrano nei dispositivi della realtà aumentata (perché proiettano dei dati sulle normali lenti, un po’ come succedeva in Dragon Ball per chi se lo ricorda).
Già da tempo le aziende hanno provato ad innovare con occhiali smart/visori di realtà virtuale e così via.
Oggi non siamo più in una fase embrionale, e seppure queste novità abbiano ancora difetti di gioventù è probabile che presto li risolveranno.
Un esempio è la durata della batteria: ma ricordiamoci che anche i primi smartphone avevano autonomie imbarazzanti perché gli schermi erano diventati enormi rispetto alle batterie dei normali telefonini.
Pensa ad avere questi occhiali “smart” che ti mostrano tutta una serie di dati e consigli in tempo reale mentre lavori:
Lo scopo di tutto questo sarà prendere decisioni basate sui dati per avere maggiori risultati riabilitativi in meno tempo.
E questo è solo l’inizio: molte funzionalità e applicazioni reali arriveranno strada facendo e oggi facciamo anche fatica ad immaginarle.
Funzioni che però sono legate strettamente con la seconda ondate di novità. Vediamo quali.
Il 2023 è l’anno dell’intelligenza artificiale. A noi non interessa troppo spiegare che cos’è e come funziona, ma ti basti sapere che parliamo di statistica molto, molto avanzata.
E parlando di statistica, gli impatti nel mondo scientifico saranno molto importanti.
Ricerca, clinica e riabilitazione cambieranno inesorabilmente:
La riabilitazione sta già cambiando, che ci piaccia o no.
In giro per il mondo ci sono un sacco di gruppi di ricerca e sviluppo che stanno realizzando soluzioni che, se diventano abbastanza affidabili ed economiche, potrebbero allettare i grandi gruppi della sanità (che in tutta Europa, e soprattutto in Italia, sono sempre più potenti visto che il Sistema Sanitario Nazionale viene sempre più privatizzato).
Se queste novità fossero abbastanza affidabili ed economiche, un grande gruppo sanitario con tante risorse economiche potrebbe decidere di fare un investimento e usare queste nuove tecnologie per sostituire tutti i fisioterapisti che fanno fisioterapie domiciliari.
Potrebbero scomparire tutte le cooperative. Una figata? Terribile? Non possiamo saperlo: lo scopriremo solo vivendo.
Ma questo scenario, per quanto assurdo oggi, potrebbe manifestarsi molto prima di quanto pensiamo, con il primo dei progetti che adesso elenchiamo:
SWORD Health, una startup portoghese, realizza ciò che chiama un “Sistema di Riabilitazione Fisica Domiciliare”.
Il sistema utilizza dei tracker di movimento wireless che i pazienti attaccano al loro corpo.
Un “terapista digitale” fornisce feedback in tempo reale, come “solleva la gamba più in alto”.
SWORD include una piattaforma web dove le squadre cliniche remote possono visualizzare analisi dei dati dei pazienti e utilizzare queste informazioni per monitorare e regolare il programma di riabilitazione.
Spariranno le cooperative di terapie domiciliari? Arriverà lo smart working per i Fisioterapisti?
Chi lo sa, ma una cosa è certa.
In uno studio del 2018 che ha seguito due gruppi di pazienti in fase di recupero da lesioni al ginocchio, il gruppo che ha seguito il regime di SWORD ha avuto punteggi Timed Up and Go della metà (cioè il doppio migliori) del gruppo di terapia fisica convenzionale.
E questo succedeva nel 2018, prima del Covid!
Lo studio è questo:
F.D. Correia et al., “Home-based Rehabilitation with a Novel Digital Biofeedback System versus Conventional In-person Rehabilitation after Total Knee Replacement: a feasibility study,” Nature: Scientific Reports, July 26, 2018.
Ma andiamo avanti.
La startup tedesca Kaia Health ha creato Motion Coach, un’app che traccia il movimento dei punti sul corpo utilizzando la fotocamera frontale di un dispositivo iOS o Android.
Un modello wireframe visualizzato sullo schermo guida i pazienti attraverso gli esercizi, e un algoritmo di apprendimento automatico proprietario valuta il feedback del paziente e adatta il programma di esercizi alle esigenze del paziente.
I pazienti possono utilizzare un’interfaccia di chat per consultare un fisioterapista sugli esercizi.
Uno studio clinico condotto presso la Technical University of Munich ha scoperto che l’approccio basato sull’app di Kaia ha “ridotto significativamente i livelli di dolore segnalati dagli utenti”.
Lo studio è questo:
Stephan Huber et al., “Treatment of Low Back Pain with a Digital Multidisciplinary Pain Treatment App: Short-Term Results, JMIR Rehabil Assist Technol. 2017 Jul–Dec; 4(2): e11.
Questa è già una realtà parecchio consolidata: fondata nel 2012, è addirittura quotata in borsa.
PhysiApp, creato dalla società internazionale Physitrack, è un’app per iPad e iPhone che traccia le prestazioni degli esercizi dei pazienti, l’aderenza e i risultati.
Presenta anche immagini anatomiche con contenuti 3D forniti da Primal Pictures.
Secondo il sito web di Physitrack, l’app è utilizzata da quasi 1 milione di pazienti all’anno in più di 100 paesi in tutto il mondo.
Anche i robot abilitati all’IA stanno guadagnando terreno nel campo della fisioterapia.
Bionik Labs crea dispositivi di riabilitazione meccanica che lavorano con mani, polsi e braccia, guidando il paziente a eseguire il movimento esatto nel modo corretto e fornendo assistenza se necessario.
I sistemi di terapia robotica elaborano una quantità massiccia di dati, diventando “più intelligenti” man mano che imparano le capacità del paziente. Un robot terapista può percepire anche il più piccolo progresso e fornire informazioni quantificate sugli miglioramenti incrementali. Man mano che il paziente acquisisce forza e capacità, il robot fornisce meno assistenza, incoraggiando il paziente a muoversi con maggiore fiducia.
Questi terapisti fisici meccanici possono lavorare in collaborazione con gli esseri umani: i robot aiutano il paziente a perfezionare ogni movimento, mentre i terapisti aiutano il paziente a tradurre questi miglioramenti in una maggiore funzionalità.[4]
Studi recenti mostrano che i modelli di Intelligenza Artificiale possono imparare a classificare immagini di Radiografie e Risonanze Magnetiche con una precisione pari o superiore a quella degli esperti umani.
Google nel 2023 ha sviluppato un modello chiamato Med-PaLM 2 che fa proprio questo. Al momento è in uso sperimentale in alcuni ospedali americani.
Questi modelli possono anche imparare a classificare i pazienti in fenotipi del dolore basati su MRI cerebrali (con una precisione variabile) e in base al livello di rischio di lesioni al ginocchio (ancora in fase di sviluppo).
Per approfondire, ecco a te uno studio:
Christopher Tack, “Artificial intelligence and machine learning: applications in musculoskeletal physiotherapy,” Musculoskeletal Science and Practice 39 (2019) 164–169.
I ricercatori dell’Università dell’Idaho stanno lavorando alla creazione di framework basati sull’apprendimento profondo per la valutazione automatizzata delle prestazioni dei pazienti in fisioterapia.
Hanno addestrato tre reti neurali architettonicamente distinte - una rete neurale convoluzionale, una rete neurale ricorrente e una rete annidata globalmente composta da sottoreti - per generare automaticamente punteggi di qualità del movimento per i dati ricevuti.
“Fino a quanto sappiamo, [il nostro è il] primo lavoro che implementa reti neurali profonde per la valutazione delle prestazioni in riabilitazione”, hanno scritto.
L’apprendimento profondo è una sottocategoria dell’apprendimento automatico.
Un riferimento se vuoi approfondire:
Kyle Wiggers, “Physical Therapy Has a New Ally: AI,” VentureBeat, January 30, 2019.
È ancora presto, ma se questa tendenza verso l’intelligenza artificiale nella fisioterapia continua a crescere e diventare accessibile a più pazienti, potrebbe seriamente cambiare il ruolo del fisioterapista.
E potrebbe cambiare in modi assolutamente impensabili oggi.
La scomparsa delle cooperative sarebbe solo la punta dell’iceberg, e dovranno esserci adeguamenti dal punto di vista delle leggi, dell’istruzione universitaria, dell’organizzazione del lavoro.
Ma non lo diciamo noi, lo lasciamo dire a qualcuno che sicuramente ha qualche idea in più di noi.
Michael Rowe, editore di OpenPhysio Journal, scrive:
“Gli operatori sanitari in un futuro prossimo si troveranno a lavorare con reti di informazioni su una scala ben al di là della capacità degli esseri umani di comprendere, rendendo necessario l’uso dell’intelligenza artificiale per analizzare e interpretare le complesse interazioni tra dati, pazienti e le nuove equipe appena costituite”.
Rowe specula che i pazienti del futuro potrebbero raccogliere dati relativi alla salute da soli e lavorare direttamente con app che li aiuteranno a analizzare e interpretare le informazioni.
Man mano che gli aspetti più tecnici della fisioterapia vengono esternalizzati alle macchine, la professione della fisioterapia si concentrerà di più sull’elemento umano che solo gli esseri umani possono fornire.
Ciò, a sua volta, richiederà cambiamenti nel modo in cui la fisioterapia viene insegnata nelle università.
Rowe scrive:
“Dobbiamo chiederci come adattare l’istruzione in fisioterapia per approfondire e rafforzare i componenti basati sull’essere umano che sono difficili da replicare per i sistemi basati sull’IA, oltre a integrare le competenze tecnologiche e di gestione dei dati necessarie per comprendere e lavorare con macchine intelligenti”.
Se ti va di leggere tutto l’articolo di Rowe, questi sono i riferimenti:
Michael Rowe, “Artificial intelligence in clinical practice: Implications for physiotherapy education,” OpenPhysio Journal, May 28, 2018.
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Grazie per aver letto, a presto 🙂
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