Stai per aprire la Partita IVA o hai in mente di farlo? Vediamo insieme le cose base da conoscere.
Secondo i dati Almalaurea, in media il 43% di noi a 5 anni dalla laurea lavora come autonomo.
Si tratta di una fetta importante, e visto che la libera professione richiede di gestire un po’ di aspetti - che vanno al di là del semplice comunicare il proprio IBAN al datore di lavoro per ricevere l’accredito dello stipendio come succede per i lavoratori dipendenti - oggi voglio scrivere una guida minima sui termini più importanti da conoscere.
Cercherò di spiegare nel modo più semplice possibile i concetti più importanti, che a me hanno richiesto anni di confronti con il mio commercialista (che saluto).
Quindi, partiamo!
Quando si parla di lavoro autonomo, parliamo necessariamente di Partita IVA.
È lo strumento principale che serve a lavorare in modo autonomo. Non è uno strumento che possiamo toccare con mano, ma è semplicemente un numero di 11 cifre.
Ma come, un numero? Si, e facciamo un confronto per capire meglio in che senso.
Questo confronto lo facciamo con il Codice Fiscale.
Ognuno di noi ha un Codice Fiscale, giusto?
Il Codice Fiscale come sappiamo bene lo troviamo sulla Tessera Sanitaria, perché è molto utile per identificare le persone in ambito sanitario (per esempio per fare l’accettazione in ospedale).
Ma notiamo una cosa: si chiama codice “fiscale” perché nasce nell’ambito fiscale.
In pratica serve a identificare univocamente un contribuente, così che lo stato sappia quanto ha versato quel soggetto in tasse.
E ora vediamo anche con occhi diversi il gesto di dare al farmacista il codice fiscale per scaricare i farmaci che acquistiamo.
Si, dare al farmacista la tessera sanitaria è certamente un discorso sanitario perché stiamo comprando farmaci.
Ma dando il codice fiscale stiamo anche dicendo al fisco che nella prossima dichiarazione dei redditi dovremo pagare meno tasse - perché le spese dei farmaci sono detraibili.
Ora, capito il senso del Codice Fiscale, diciamo che la Partita IVA ha la stessa utilità.
La legge considera la tua attività da libero professionista come una sorta di “persona” a parte, che ha il proprio “codice fiscale” - cioè la Partita IVA.
Quest’altra “persona” è distinta e separata dalla tua persona, e quindi c’è questa situazione:
Ora, da questa distinzione sembra che le tasse quando hai la Partita IVA devi pagarle due volte, una volta sul tuo codice fiscale e un’altra volta per la Partita IVA: non è così, se svolgiamo solo la libera professione.
Se invece siamo sia dipendenti che liberi professionisti pagheremo sia le tasse con il codice fiscale sullo stipendio (che in realtà arriva già al netto delle tasse) sia sui guadagni della partita iva.
Questa situazione come spiegavo già in quest’altro articolo è abbastanza rara per i fisioterapisti.
Inoltre, senza entrare troppo nel merito perché ci interessa relativamente, ci sono più tipi di Partita IVA.
Vediamo solo quelle più rilevanti per un fisioterapista che inizia (quindi escludiamo società e altre forme complesse).
Quella con cui iniziamo tutti, è la forma più semplice e agevolata.
Ci basti sapere che se non ne abbiamo mai avuta una prima d’ora, per i primi 5 anni dall’apertura si versano meno tasse (il 5%), dopo i 5 anni si pagano un po’ più di tasse (il 15%).
Si può restare nel forfettario se si guadagna meno di €65.000 lordi all’anno (o in media circa €5k lordi al mese), sopra quella soglia si passa automaticamente alla seconda tipologia, cioè quella Ordinaria.
L’Ordinaria paga più tasse della Forfettaria, ma può anche “scaricare i costi” (e fare robe con l’IVA, ma su questo non ci addentriamo).
Scaricare i costi, per fare un paragone, è come quando compriamo le medicine e diamo la tessera sanitaria al farmacista.
Solo che al posto di scaricare col codice fiscale qui lo facciamo con la partita iva, e al posto di scaricare il costo dei medicinali scarichiamo le spese dell’attività come per esempio il costo dell’affitto.
La Forfettaria non può scaricare i costi, ma paga meno tasse.
Se siamo Forfettari, passiamo direttamente nell’Ordinario quando superiamo i €65.000 di guadagni all’anno (e quindi praticamente mai per noi comuni mortali - significa più di €5.000 lordi al mese), o se si hanno partecipazioni in società (se ne avete sentite pure il commercialista perché oltre questo non saprei approfondire).
Ora, per capire come funziona il meccanismo delle tasse, passiamo al prossimo argomento.
Partiamo col dire questo: le tasse si pagano su quello che si guadagna.
Se non si guadagna niente, non si versano tasse.
Togliamo di mezzo ogni equivoco: è competenza del commercialista capire quante tasse devi pagare, ma cerchiamo di capire almeno come funziona.
Prendiamo come riferimento solo il forfettario, perché tanto è quello che usa la stragrande maggioranza dei professionisti sanitari e non.
Questa valutazione va fatta l’anno successivo per l’anno precedente. Cioè nel 2022 vado a vedere quanto ho guadagnato l’anno precedente (il 2021), e in base a quello ci dovrò pagare le tasse.
Per capire quanto ho guadagnato nel 2021 devo semplicemente sommare gli importi di tutte le fatture che ho emesso nel corso del 2021.
Forse per spiegare le fatture è meglio se facciamo un confronto, come abbiamo fatto per codice fiscale e partita iva.
Hai presente che quando compri qualsiasi cosa, dallo shampoo al supermercato alla pizza il sabato sera, al momento del pagamento ti danno uno scontrino (si spera)?
Ecco, quando tu fornirai ad altri le tue prestazioni da fisioterapista, dovrai consegnare la tua versione dello scontrino, che prende il nome di fattura.
La fattura però non ha la forma di un nastro di carta con tutte le scritte minuscole e incomprensibili, ma è un foglio che deve presentare chiaramente tutte le seguenti informazioni:
Dall’altro lato della medaglia, “quanto è costato” implica “quanto abbiamo intascato”.
Nelle fatture con importi superiori a €77,47 bisogna apporre la marca da bollo da €2, come spiego in questa guida alle fatture per fisioterapisti.
La somma di tutto quello che abbiamo intascato nel corso dell’anno è la base di partenza per il pagamento delle tasse.
O per dirla con gli stessi termini di prima, pago le tasse sommando gli importi di tutte le fatture che ho emesso l’anno scorso.
Bene, ora siamo arrivati al punto di ritrovarci con una serie di fatture e un’importo che chiamiamo fatturato lordo perché su quello ci dobbiamo pagare “le tasse” (e pochissima voglia di farlo). Perché “le tasse” tra virgolette?
Perché quello che dobbiamo togliere al lordo per ottenere il netto è composto da due cose:
Mentre le tasse vanno all’Agenzia delle Entrate, i contributi per la pensione vanno invece all’INPS, che è appunto l’ente che si occupa delle pensioni.
Di solito le libere professioni con un Albo hanno anche una cassa previdenziale dedicata.
Quindi non versano i contributi all’INPS ma alla loro cassa.
Per i fisioterapisti è stato istituito l’Albo di recente, ma non esiste una cassa previdenziale di categoria dove versare i contributi.
Quindi questi contributi vengono invece versati all’INPS nella cosidetta “Gestione Separata”.
Le regole della Gestione Separata prevedono un versamento annuale commisurato a quanto abbiamo guadagnato, con un minimo che si aggira attorno ai €3.500, ma la cui cifra esatta viene aggiornata ogni anno.
Ora, a noi non interessa a chi va cosa, questo è tutto un discorso a carico del commercialista. Lo spieghiamo solo per capire meglio cosa succede.
Come dicevamo, tutto quello che c’è prima interessa al commercialista. A noi tocca il compito più ingrato, quello finale, cioè pagare.
Ma come si pagano?
Il commercialista fa tutti i suoi bei calcoli, e alla fine il risultato di questi calcoli viene riportato nel modulo F24 che contiene quante tasse e quanti contributi dobbiamo pagare.
Usiamo ancora un paragone.
Hai presente quando non c’erano le email e a casa arrivava la bolletta della luce nella busta delle lettere?
Ecco, l’F24 è la bolletta delle tasse e dei contributi pensionistici all’INPS.
Ha proprio le fattezze di un foglio pieno di caselle tipo i bollettini postali, e si può pagare sia in banca che alle poste.
Però noi oltre alle tasse paghiamo anche il commercialista, e di certo se spendiamo soldi per il privilegio di dover pagare le tasse, pretendiamo almeno di non dover fare la fila all’ufficio postale o in banca.
Per questo il commercialista può emettere l’F24, inserire l’IBAN del tuo conto corrente e il pagamento passa in automatico sul conto senza che ci sia il bisogno di perdere una giornata a fare la fila in banca.
Questa cosa l’ho imparata nel modo peggiore: non avevo un conto corrente, ma una Genius Card.
Davo l’IBAN della carta al commercialista e il pagamento veniva sempre respinto.
Sulla banca via internet la mia carta non poteva pagare gli F24 ordinari e alla fine ho dovuto pagare l’F24 per conto mio senza l’aiuto del commercialista perché non avevo un conto.
Quindi il consiglio è lasciare perdere le carte prepagate con l’IBAN (quelle che abbiamo tutti quando facciamo l’università), ma aprire direttamente un normale conto corrente anche di quelli online senza spese (io poi ho fatto BuddyBank sempre di Unicredit e ho risolto).
Basta un conto normale anche perché non è necessario avere un conto per le imprese se siamo liberi professionisti.
Ci sarebbe ancora tanto di cui parlare, ma già così abbiamo coperto parecchie cose.
All’inizio è normale non capirci assolutamente nulla, ma con l’esperienza pian piano diventa tutto più immediato. Per il resto c’è sempre il commercialista, che su questi temi è il tuo migliore amico.
Quindi spero che questo articolo ti possa tornare utile, e spero di rivederti presto da queste parti.
Grazie per aver letto fino a qui! :)
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